Se anche la Finlandia regredisce…

Bandiera finlandese

Unico tra i cinque paesi nordici, la Finlandia sta subendo negli ultimi anni un brusco calo dell’economia e un aumento della disoccupazione. Indagine sulle cause di questa bizzarra recessione…

Partiamo subito con qualche dato: nel 2015, la produzione è in calo del 5,1%. La disoccupazione è la più alta da 13 anni, bel l’11,8%, con un picco del 36% di quella giovanile. Il PIL è calato dello 0,1% nel primo trimestre di quest’anno, continuando un calo dello 0,2% nell’ultimo trimestre del 2014. In tutto, l’anno scorso, il PIL è calato dell’1,3% rispetto al 2013. Non stiamo parlando dell’Italia e neanche della Grecia, bensì di un paese faro sul mondo: la Finlandia. Ben inteso, data la fortissima economia che sussisteva prima di questa crisi, la Finlandia se la passa ancora benissimo, tenendo conto della media europea e mondiale. Tuttavia è indubbio che, in quel famigerato 2008, è iniziata in quel Paese una lenta, ma inesorabile crisi che sta ancora continuando.
I sintomi sono chiari, allora iniziamo a domandarci: quali sono le cause? Come abbiamo detto, la crisi economica del 2008 è stata deleteria per tutti, ma molti paesi ne sono ormai usciti. Alcuni di essi appartengono anche all’Unione Europea, come la Danimarca, la Svezia e l’Islanda, nazioni «sorelle» della Finlandia, ma con una svolta economica decisamente positiva.
Paesaggio finlandese

Paesaggio finlandese

Le cause del tonfo del paese scandinavo sono soprattutto tre. Innanzitutto il declino della Nokia, spazzata via dall’iphone della Apple. Poi anche un enorme calo dell’esportazione del legno e della produzione della carta. Alexander Stubb, ex primo ministro finlandese, affermò che, se l’iphone stava uccidendo la Nokia, l’iPad avrebbe distrutto il business finlandese della carta. A dare il colpo di grazia all’economia del Paese, sono state poi le sanzioni contro la Russia (sanzioni che l’America ha forzato l’Europa ad adottare -vedi questo post), grande partner commerciale della Finlandia. In questo modo, il rapporto debito/Pil nel Paese è quasi raddoppiato dal 2008 al 2015, salendo dal 34% al 61,5%.
La sede della Nokia

La sede della Nokia

Insomma, una bella recessione, ma la crisi c’è stata per tutti. Perché alcuni continuano e altri no?
L’economista americano premio Nobel Paul Krugman (foto) e il giornalista economico Mike O’Brien (che scrive presso il Washington Post) la pensano allo stesso modo: è colpa dell’euro. Ben inteso, non è colpa dell’euro se questo paese ha subito una crisi (il tracollo della Nokia era inevitabile), ma è colpa della moneta unica, da loro descritta come una gabbia, se i finlandesi non riescono ad emergere da questo declino. In una regressione del genere, infatti, vi sono soprattutto due modi per uscirne: svalutare la propria moneta o una grande opera di austerity. La prima soluzione permette di affrontare questa crisi senza toccare gli stipendi e i posti di lavoro. La seconda, invece, richiede questi tagli, e che siano anche profondi. Ebbene, la Finlandia non ha potuto scegliere la prima opzione proprio perché non ha più la sua moneta, il marco. Ha dovuto quindi operare dei profondi tagli che aumentano la disoccupazione, diminuiscono gli stipendi e rallentano in questo modo il circolo di denaro, facendo così regredire l’economia.
Il premio Nobel Paul Krugman

Il premio Nobel Paul Krugman

Del resto, i finlandesi sono campioni dell’austerity. Sono famosi per rispettare pedissequamente i dettami impostili dall’UE. E anche a chiedere che gli altri li rispettino. Erano, per esempio, con il tedesco Wolfgang Schäuble per la cacciata della Grecia dall’euro. Già nel 2011 chiesero l’Acropoli, il Partenone e le isole in garanzia di nuovi prestiti ad Atene. Secondo loro, la politica dell’austerity li porterà fuori dalla crisi. Anzi, lo stesso Alexander Stubb (foto) ha dichiarato che, l’affermare che che sarebbe stato meglio conservare il marco, si tratta di un’ipotesi «spazzatura». Lui stesso dichiarò al New York times che «la svalutazione della moneta funziona un po’ come il doping: va bene nel breve termine, ma non dà benefici alla lunga. Come tutti gli altri paesi, abbiamo piuttosto bisogno di riforme e aggiustamenti strutturali».
Alexander Stubb

Alexander Stubb

Sarà, ma per ora questi benefici non si vedono. Tutt’altro, gli altri paesi nordici (la Svezia, la Danimarca e l’Islanda -la Norvegia non è mai entrata nell’Unione Europea), nazioni molto simili alla Finlandia, hanno subito anche loro una pesante crisi, ma sono poi riusciti a superarla. Invece la Finlandia non vede ancora una via d’uscita. Sarà una coincidenza che questi Paesi, per loro scelta, non hanno l’euro? Lo stesso New York Times, che ha accolto l’intervista a Stubb, ammette però che sono reali i problemi citati da Krugman e da molti altri economisti. Ma va più in là: alcuni dei problemi della Finlandia -secondo il quotidiano americano- sono da ricercare anche dai suoi legami con l’Unione Europea.

In ogni caso, mentre gli esperti dibattono, il popolo finlandese ha incominciato a muoversi. Paavo Väyrynen (foto), ex ministro degli Esteri finlandese, ha lanciato una raccolta firme, per chiede ai cittadini se sono favorevoli ad un referendum che faccia decidere loro se rimanere con l’euro o tornare al marco. In pochissimi giorni sono state già raccolte 26 mila firme. Perché questa proposta passi, ci devono essere un minimo di 50 mila firme, che a quanto pare non tarderanno ad arrivare. Väyrynen non è contrario alla permanenza in Europa; afferma però che si dovrebbe seguire l’esempio di altri paesi scandinavi, integrati nell’Unione Europea, ma con una propria valuta nazionale. «Il popolo della Finlandia -afferma- deve avere la possibilità di scegliere se restare nell’eurozona o seguire l’esempio degli altri paesi dell’Europa settentrionale, cominciando a usare una nostra moneta in parallelo con l’euro». Una ventata di democrazia non fa mai male a nessuno, sebbene ora sia diventata fuori moda.

Paavo Väyrynen

Paavo Väyrynen

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